Storia

La prima menzione di Mori in un documento ufficiale risale all’845 d.C., ma diversi ritrovamenti archeologici attestano che la zona fu abitata fin dalla preistoria, come dimostrano scavi effettuati nella vicina Grotta del Colombo. La fertilità del terreno, la ricchezza di cacciagione e l’abbondanza d’acqua favorisce l’insediamento di popolazioni stabili.
Posta lungo la via di collegamento tra il fiume Adige e il lago di Garda, Mori diventa col tempo un importante centro di transito e smistamento di mercanzie trasportate lungo il fiume (dalle zattere in direzione sud, controcorrente mediante traino animale in direzione nord). Nel medioevo gli abitanti di Mori e degli altri paesi del fondovalle per tutelare i propri interessi e affermare antiche usanze e diritti secolari, si dotano di Carte di regola che ogni regolano è tenuto a rispettare.

Tuttavia l’importanza commerciale ma soprattutto strategica di questo territorio posto ‘ai confini d’Italia’ scatena spesso grandi e piccoli conflitti che falcidiano la popolazione e mettono in ginocchio la fragile economia locale.
Nel XV secolo Mori diventa il centro principale dei Quattro Vicariati (con Ala, Avio e Brentonico) e per circa settant’anni si sottrae al plurisecolare dominio dinastico dei conti di Castelbarco. In questo periodo avviene un’impresa di ingegneria militare ancor oggi ricordata per la sua eccezionalità con il nome Galeas per montes conducendo: nel 1439 da Mori passa un’intera flottiglia da guerra, prima trascinata lungo l’Adige da Venezia poi trasportata a forza di braccia, argani e buoi verso Torbole lungo il valico del Passo San Giovanni.

L’impresa è stata ideata e condotta a termine in pochi mesi, nel tentativo poi vano di portare aiuto alla città di Brescia, alleata della Serenissima e assediata dalle truppe dei Visconti.
Da quell’anno fino al 1509 Mori segue le sorti di Venezia, ed è un buon periodo per il commercio: la prospettiva di fare buoni affari attira anche una comunità di mercanti ebrei che che si stabilisce in una zona ancora oggi chiamata ‘ghetto’, posta non a caso lungo la via imperiale che si snodava ai piedi di Montalbano.
Più volte nel corso della storia gravi episodi bellici minano la tranquillità del paese, in particolare all’inizio del XVIII secolo, a causa della ferocia delle truppe francesi del generale Vendôme e poi, sul finire del medesimo secolo, con le truppe di Napoleone che, impegnato a combattere l’esercito austriaco, mette a dura prova il territorio del principato vescovile di Trento annesso alla fine delle ostilità (1803) all’Austria.

Tra una guerra e l’altra, la comunità di Mori vive un periodo di relativo benessere. I buoni affari incentivano i nobili e le poche famiglie abbienti a dotare convenientemente le loro abitazioni. Le chiese vengono decorate con veri e propri capolavori artistici: oltre all’inconfondibile santuario di Monte Albano che veglia dall’alto Mori col suo enorme orologio, attenzione merita l’imponente chiesa arcipretale di Mori, dedicata a Santo Stefano, con pregevoli opere d’arte realizzate soprattutto dalla dinastia dei Benedetti da Castione, scultori ed architetti molto apprezzati e famosi all’epoca in tutta Europa. Già alla fine del Settecento, inoltre, ben prima di città più grandi e con maggiori potenzialità economiche, Mori ha il merito di dotarsi di un teatro stabile in muratura, segno di un alto grado di civiltà dimostrato ulteriormente dall’avere ospitato, tra il 1786 ed il 1802, la più antica tipografia dei Quattro Vicariati.

Sorgono numerosi opifici sulle rive del Rio Cameras e per sostenere la maggior produzione viene scavato un canale artificiale a fianco del ‘Cameraso vecchio’.
Grazie ad una radicata vocazione agricolo-zootecnica a Mori si concentrano delle produzioni tipiche (foglie di tabacco, gelsicoltura, viticoltura, coltivazione di asparagi, produzione e commercio di pregiate mostarde, ecc.) che favoriscono lo svolgimento di fiere agricole molto partecipate alla quale giungono visitatori e commercianti anche da oltre confine, dando lavoro a ben quattro alberghi concentrati in piazza Cal di Ponte e ad innumerevoli locande e trattorie.
A fine Ottocento viene realizzata la linea ferroviaria che collegava Mori Arco e Riva (MAR): oltre ai turisti diretti al lago di Garda i vagoni trasportano carichi di prodotti tipici ed i preziosi marmi di Castione e delle altre cave limitrofe.

Ma la furia della Prima Guerra Mondiale spazzò via in un colpo solo il frutto di sacrifici di diverse generazioni. Mori venne a trovarsi nella cosiddetta ‘zona nera’, una terra di nessuno che funge da cuscinetto tra gli eserciti opposti. L’intera popolazione è costretta ad abbandonare in fretta le proprie case, lasciandole alla mercé dei soldati. Inizia un esodo forzato che disperde la comunità in vari campi di concentramento dislocati soprattutto nel vastissimo territorio dell’impero austro-ungarico.
Quando i superstiti tornano in patria, passata dopo la guerra dall’Austria all’Italia, trovano macerie e desolazione: «delle 746 case della borgata 320 furono rase al suolo, 264 danneggiate e rese inabitabili».
Verso la fine degli anni Venti del secolo scorso l’insediamento del grande stabilimento industriale di alluminio della Montecatini dà nuova linfa all’economia e crea molti posti di lavoro ma causa anche preoccupanti danni ambientali.
